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  • 19.06.2023

Self-service cosmetici? Non si può!

La vendita di prodotti cosmetici tramite Self-Service è fuori legge!

 

Molte persone, giustamente preoccupate per l’aumento dei rifiuti immessi nell’ambiente, ritengono la tecnica del Self-Service come la panacea.

Per i detergenti forse è vero, anche se diversi studi di LCA dimostrano che è molto difficile che questa tecnica di vendita fornisca dati positivi, quello che invece è certo è che i cosmetici non possono essere venduti in questo modo.

 

Una recente, relativamente recente, disposizione legislativa (Decreto del Ministero della Salute del 27 Settembre 2018) riassume molto bene lo stato dell’arte rispetto a questo tema.

Cominciamo con l’articolo 1 di questo decreto:

 

Art. 1

 

Definizioni

 

  1. Ai fini del presente decreto si applicano le definizioni di cui

all'art. 2 del citato regolamento (CE) n. 1223/2009.

 

Cosa dice questo articolo 2 del Regolamento Europeo? Mi interessano solo alcuni punti fondamentali, ma se avete voglia ve lo potete leggere tutto il Regolamento, ovviamente. Ecco i punti notevoli:

 

  1. «prodotto cosmetico»: qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei;

 

  1. e) «distributore»: una persona fisica o giuridica nella catena della fornitura, diversa dal fabbricante o dall’importatore, che mette a disposizione un prodotto cosmetico sul mercato comunitario;

 

Quindi anche un normale sapone è un cosmetico e non un detergente come alcuni vorrebbero fosse, per aggirare la Legge.

Il punto e) precisa che il “distributore” rientra nel percorso con cui un cosmetico si genera da un fabbricante ed arriva ad un consumatore finale. Il distributore è quindi assolutamente coinvolto.

 

Già dal prossimo articolo 2 del Regolamento 1223/2009 si comincia ad affrontare il punto cardine di questo articolo:

 

Art. 2

 

 Oggetto

 

  1. Il presente decreto definisce le procedure di controllo delmercato interno dei prodotti cosmetici, ivi incluse le attivitàconnesse ai controlli dei prodotti stessi, degli operatori di settoree delle buone pratiche di fabbricazione, nonché gli adempimenti e lecomunicazioni che gli operatori del settore sono tenuti a espletarenell'ambito dell'attività di vigilanza e sorveglianza di cui agliarticoli 7, 21, 22 e 23 del citato regolamento (CE) n. 1223/2009.

Il tema delle “Buone Pratiche di Fabbricazione” permeano l’intero Decreto e si possono ritrovare citate all’articolo 6, più volte e nelle premesse al Decreto stesso.

Da sottolineare come venga ribadito il concetto che le Buone Pratiche di Fabbricazione sono fondamentali e che il Ministero, con questo Decreto, si esprime in questo modo:

d) alla verifica del rispetto dei principi delle buone pratiche di fabbricazione di cui all'art. 8 del regolamento (CE) n. 1223/2009;

Ritornando al Regolamento Europeo 1223/2009 il tema è ribadito all’articolo 8:

 

Articolo 8

Buone pratiche di fabbricazione

  1. Nella fabbricazione di prodotti cosmetici sono rispettate le buone pratiche di fabbricazione al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 1.

 

E più avanti nell’articolo 11:

 

Articolo 11

Documentazione informativa sul prodotto

 

  1. Quando un prodotto cosmetico è immesso sul mercato, la persona responsabile tiene una documentazione informativa su di esso. La documentazione informativa sul prodotto è conservata per un periodo di dieci anni dopo la data in cui l’ultimo lotto del prodotto cosmetico è stato immesso sul mercato.

b)una descrizione del metodo di fabbricazione ed una dichiarazione relativa all’osservanza delle buone pratiche di fabbricazione di cui all’articolo 8;

 

Cominciamo col dire che sarebbe interessante andare a controllare quanti negozi self-service hanno i documenti relativi alla sicurezza (articolo 10 del Regolamento) e quanti abbiano redatto e firmato un documento con la descrizione del metodo di fabbricazione in osservanza delle buone pratiche di fabbricazione.

L’articolo 17 tocca poi un argomento molto importante e degno di nota:

 

Articolo 17

Tracce di sostanze vietate

La presenza involontaria di una quantità ridotta di una sostanza vietata, derivante da impurezze degli ingredienti naturali o sintetici, dal procedimento di fabbricazione, dall’immagazzinamento, dalla migrazione dall’imballaggio e che è tecnicamente inevitabile nonostante l’osservanza di buone pratiche di fabbricazione, è consentita a condizione che tale presenza sia in conformità dell’articolo 3.

 

In un negozio self-service chi controlla la cessione di sostanze indesiderate? Naturali o sintetiche che siano?

 

L’articolo 22 è perentorio ed è il motivo per cui il Ministero italiano ha dovuto emanare il decreto di cui abbiamo già parlato.

Articolo 22

Controllo all’interno del mercato

Gli Stati membri vigilano sul rispetto del presente regolamento attraverso controlli all’interno del mercato dei prodotti cosmetici messi a disposizione sul mercato. Essi eseguono i dovuti controlli su scala adeguata dei prodotti cosmetici e degli operatori economici, tramite la documentazione informativa del prodotto e, se del caso, mediante test fisici e di laboratorio sulla base di campioni adeguati.

Gli Stati membri vigilano altresì sul rispetto dei principi delle buone pratiche di fabbricazione.

Dopo aver dimostrato che le buone pratiche di fabbricazione sono un elemento indispensabile per la produzione e vendita dei cosmetici, approfondiamo il concetto di Buone Pratiche di Fabbricazione.

 

Le buone Pratiche di Fabbricazione non sono inventate da qualcuno e non sono neppure interpretabili. Esiste una Norma ISO 22716 che contando circa 20 pagine, non posso riportare integralmente (anche perché ISO Non sarebbe d’accordo) e quindi mi limiterò a dire che ci sono molti elementi da rispettare, da vari punti di vista. Cominciamo con alcuni punti relativi ai termini e alle definizioni:


*criteri di accettazione
*revisione
*lotto
*numero di lotto prodotto sfuso
*calibrazione
*pulizia
*contaminazione
*materiali di consumo
*contratto
*deviazione del controllo
*prodotto finito
*controllo in-process
*audit interno
*attrezzature principali
*Manutenzione
*operazione di fabbricazione
*operazione di confezionamento
*materiale da imballaggio
*pianta
*garanzia di qualità
*richiamo non conformi
*campione
*campionatura
*sanificazione

Queste sono alcune voci che rientrano nel rispetto delle Buone Pratiche di Fabbricazione anche se nel self-service si tratta di una sola operazione, il riempimento. Tuttavia di questi argomenti e di molti altri, è necessario “provare” che sono stati rispettati. Ma io, in un negozio non ho mai visto fare degli audit interni, mai visto un documento con i criteri di accettazione del Bulk, e via dicendo.

 

Ma le GMP (così si chiamano in tutto il Mondo le Buone Pratiche di Fabbricazione) prevedono ben altro come i corsi da far fare ai dipendenti, le operazioni di pulizia, la registrazione dei dati, la precisione e l’omologazione degli strumenti di misurazione (bilance eccetera).

Come ho detto si tratta di diciannove pagine di prescrizioni, prescrizioni impossibili da rispettare in un normale negozio.

 

Ma c’è di più! Occorre che anche le strutture fisiche dove avviene il riempimento rispettino le indicazioni contenute nel Decreto ministeriale 9 luglio 1987, n. 328, ad esempio:

La normativa italiana ha fissato con questo Decreto i criteri di massima in ordine all’idoneità dei locali e delle attrezzature delle officine di produzione cosmetica, indicando, nelle linee essenziali, i requisiti fondamentali e le procedure per l’applicazione delle norme di buona fabbricazione dei cosmetici.

Ecco i punti salienti:

 

Locali ed aree (1)

...Distinti e separati …ottimizzazione logica di flusso lavorativo

No diretta comunicazione vendita al dettaglio

No promiscuità sostanze vietate

No promiscuità sostanze pericolose

 

Locali ed aree (2)

….costruiti in modo tale da permettere una facile ed adeguata pulizia. Pareti e pavimenti devono avere superfici lisce prive di connessioni, costituite da idonei materiali di facile pulizia e sanitizzazione…

…..rispondenti alle norme inerenti alla sicurezza ed all’igiene del lavoro, dotati dei più specifici ed aggiornati accorgimenti tecnici atti a garantire l’idoneità igienico-ambientale.

 

Attrezzature

…..Impianti..macchinari...attrezzature realizzati in materiali idonei ed installati in modo tale da garantire il prodotto sotto il profilo igienico-sanitario e da consentire agevole, rapida e completa pulizia….

 

Acqua

...controllata per verificarne adeguatezza chimico-fisica e microbiologica

…separazione fisica impianti acqua potabile e non potabile.

 

Strutture igienico-sanitarie

Proporzionali a numero operatori…facilmente lavabili e sanitizzabili…

distinte e separate da altri ambienti produttivi e di stoccaggio

armadietti individuali lavabili e sanitizzabili, sepimentati….

Previsti idonei mezzi di allontanamento dei rifiuti…per evitare problemi contaminazione chimica e microbiologica….

 

Personale

Vietata detenzione e consumo alimenti bevande….

Formazione su problemi igienico-sanitari e istruzione su utilizzo mezzi di protezione individuale….

 

Organizzazione

….lavoro idoneamente organizzato

…monitoraggio periodico stato pulizia ed igiene..al fine di individuare metodi pulizia e sanitizzazione ordinaria e straordinaria…..

 

In conclusione e dato che in nessun negozio si possono rispettare queste norme, è evidente che la vendita self-service di prodotti cosmetici è contraria alla Legge vigente.

 

Può non piacere ed allora occorre far pressione sul legislatore affinché emani delle norme che permettano questo tipo di distribuzione di prodotti cosmetici. Fino ad allora però non è possibile.

 

Fabrizio Zago

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