Scegli la lingua: IT | EN | FR | ES | AR
logo
  • 06.07.2023

Adkronos intervista Fabrizio Zago sulle microplastiche

Microsfere plastiche negli esfolianti. Verso il divieto in alcuni Stati Usa: qual è la situazione in Europa? Sono impiegati nei prodotti in commercio in Europa? Quali gli effetti sull'ambiente marino?

Questo è un articolo integrale preso direttamente dal giornale, che ne detiene i diritti.

 

1. microsfere plastiche negli esfolianti. Verso il divieto in alcuni Stati Usa: qual è la situazione in Europa? Sono impiegati nei prodotti in commercio in Europa? Quali gli effetti sull’ambiente marino?

 

Prima di tutto è vero che negli USA si è prevista la loro messa al bando ma molto usati in Europa. Il motivo è semplice: si tratta di microparticelle di plastica, quindi di un materiale NON biodegradabile che permane nell’ambiente per moltissimo tempo. Gli organismi acquatici, ad esempio i pesci, li ingeriscono ma soprattutto si possono fissare sulle branchie provocandone una diminuzione della capacità respiratoria fino al soffocamento. Il principio da cui parto io è che se una sostanza non eco compatibile può essere sostituita da una che lo è, si deve assolutamente adottare quest’ultima! Di microgranuli vegetali e che funzionano benissimo in un esfoliante, ce ne sono a decine, i noccioli di frutta macinati sono un esempio classico e perfettamente coerente.

 

2. Solfati (Sles). Cosa sono? Che effetto hanno sulla salute umana e sull’ambiente? In quali prodotti si trovano?

 

Lo SLES è l’acronimo per Sodium Laureth Sulfate cioè un tensioattivo (sostanza lavante) dal costo molto basso, che rappresenta la “base” per moltissimi cosmetici da risciacquo: shampoo, bagno schiuma, gel doccia, sapone mani eccetera. Questa sostanza è stata, secondo me ingiustamente, demonizzata ed accusata di provocare malattie gravissime. Il problema, se è un problema, si cela sotto la desinenza “th”. Quando c’è il th vuol dire che all’alcol grasso (in questo caso l’alcol laurilico, da cocco) è stato aggiunto dell’ossido di etilene. Questa sostanza è di esclusiva derivazione petrolifera e questo del consumo di fonti fossili è un problema di per se. Ma purtroppo c’è dell’altro: durante la sintesi due molecole di ossido di etilene invece che attaccarsi all’alcol laurilico si uniscono tra loro formando del “Diossano”. Sostanza brutta e pericolosa. C’è da dire che le quantità in gioco sono talmente basse che mi sento di affermare che nessuno è mai morto e nessuno mai morirà a causa dello SLES.

 

3. Protezioni solari. Si ritiene che le sostanze chimiche in essi contenute contribuiscano allo sbiancamento della barriera corallina. Quali sono queste sostanze? Quali i loro effetti sulla salute?

 

Su questo argomento noi italiani siamo all’avanguardia. L’Università di Ancona ha fatto degli studi interessantissimi che dimostrano l’avvelenamento della barriera corallina a causa dei filtri solari (http://cordis.europa.eu/news/rcn/29485_it.html ). Tra le sostanze maggiormente pericolose per i coralli ci sono: (ethylhexyl methoxycinnamate, benzophenone-3, 4-methylbenzylidene camphor ed i parabeni. Per quanto riguarda gli effetti sulla salute si può dire questo: sembra che uno dei meccanismi d’azione che determina la morte dei coralli, vi sia una azione estogena. Ora il ragionamento è semplice: se queste sostanze rappresentano dei “perturbatori endocrini” per i coralli non c’è motivo che non lo siano per gli umani. C’è un’enorme interesse, nel mondo scientifico, per questo tema e le liste di “potenziali” perturbatori endocrini sono disponibili da molti anni ma non si è mai riusciti a fare il passo successivo e cioè decidere che se una sostanza rappresenta un potenziale pericolo è obbligatorio impedirne l’utilizzo.

 

4. Triclosan. Cos’è? Dove si trova?

 

Il Triclosan, nome chimico: 5-Chloro-2-(2/4-dichlorophenoxy)phenol, è un potentissimo battericida. Il suo impiego dunque garantisce un’azione disinfettante efficace. Ma la sostanza è anche sottoposta a numerose critiche dovute al fatto che si tratta di una sostanza inclusa nelle liste dei potenziali disturbatori endocrini. Molti studi scientifici vanno oltre. L’università di Grenoble ha recentemente eseguito uno studio su bambini nati da madri che facevano uso di prodotti a base di triclosan ed altre che non lo usavano. I bimbi delle primi madri mostravano una circonferenza cranica minore rispetto ai bambini nate dalle seconde (http://www.lemonde.fr/planete/article/2014/09/05/le-triclosan-et-les-parabenes-perturberaient-lacroissance-des-petits-garcons_4482870_3244.html ). Un altro aspetto che da da pensare è la diffusione di questa sostanza che si trova in una innumerevole quantità di prodotti cosmetici: dentifrici, collutori, shampoo antiforfora, saponi mani, detergenti intimi eccetera. Se uso un solo prodotto a base di triclosan forse non succede nulla ma se uso quotidianamente una serie di prodotti che lo contengono, l’effetto accumulo è evidente.

 

5. Balsami labbra da petrolato. Cos’è il petrolato? Quali effetti ha su ambiente e salute? Leggo in un articolo che è bandito in Europa, è giusto? Che differenza c’è con la paraffina liquida o altri derivati del petrolio comunemente impiegati nei prodotti cosmetici?

 

Il petrolato è, in linguaggio INCI (International Nomenclature Cosmetic Ingredient) definito come “Petrolatum” e non nasconde nulla della sua origine, è petrolio! Quando si distilla il petrolio si ottengono molte sostanze simili: olio di vasellina o paraffina liquida, petrolatum, mineral oil. Sono tutti distillati di petrolio e come il petrolio ha lo stesso impatto, negativo, sull’ecosistema. Siccome costa pochissimo, vi è una grande disponibilità sul mercato mondiale ed è semplicissimo da utilizzare, ecco spiegato il suo successo e la sua presenza in moltissimi cosmetici. La domanda da porsi è questa: sapendo che lo stick labbra è basato su petrolio e sapendo che una certa quantità verrà ingerita, avete ancora voglia di usarlo? In Europa la Legge vigente permette l’uso di petrolatum e di paraffinium liquidum a condizione che abbia un certo livello di purezza. Ma veramente crediamo che una sostanza tossica appena sotto il valore soglia sia innocua ed appena sopra deleteria?

 

6. Olio di palma negli idratanti. Le piantagioni hanno un forte impatto ambientale, sociale ed economico. Perché?

 

L’olio di palma (sia da palma oleosa che da cocco) è una materia prima a bassissimo costo. Per questo motivo viene utilizzata anche in concorrenza con i derivati del petrolio. Ma per produrre molto cocco servono molti terreni dedicati, serve cambiare le caratteristiche dei cocchi stessi (ad esempio ottenerli più bassi per facilitare la raccolta). In Malesia e paesi dell’area, intere isole sono state desertificate per poter piantare delle palme. Questo evidentemente ha un grosso impatto sulla biodiversità e perpetua anche lo sfruttamento di territori e di persone che erano abituati ad una società completamente diversa. Che poi la borsa dove si scambia la maggior parte dell’olio di cocco sia negli Stati Uniti la dice lunga sul fatto che ai poveri abitanti dell’estremo oriente resti solo da lavorare ma che non hanno in mano le leve dell’economia legata all’olio di palma.

 

7. Che alternative abbiamo?

 

L’olio di Colza è l’esempio più importante che posso fare. Si tratta di una coltivazione che viene normalmente realizzata alle nostre latitudini quindi con un concetto di “chilometro zero”, ben diverso dalle migliaia di chilometri che deve percorrere l’olio di palma. Non è una pianta destinata all’uso alimentare umano e quindi non viene minimamente intaccata la fonte di nutrimento globale. Fornisce un olio simile a quello della Palma e può essere impiegato allo stesso modo. Ovviamente i contadini nostrani non sono disposti a fare la fame e quindi pretendono giustamente di essere retribuiti correttamente. Un piccolo maggiore costo della materia di base quindi potrebbe impedire il massacro delle isole orientali e far rifiorire l’agricoltura nazionale ed europea.

 

8. In Europa vige il Regolamento 1223/2009 che garantisce la sicurezza dei cosmetici (dal metodo di fabbricazione al controllo degli ingredienti). Cosa ne pensa?

 

Il Regolamento europeo 1223/2009 è un ottimo strumento per regolamentare appunto in maniera uniforme la produzione europea di cosmetici. Dal mio punto di vista noto solamente tre punti sbagliati o proprio assenti. - E’ un Regolamento fatto e pensato dalle grandi aziende e non considera le piccole e medie imprese. Alcune incombenze sono difficilmente affrontabili dalle PMI e questo provoca, soprattutto nel nostro paese basato sulle PMI, alcuni problemi. - Con il Regolamento è stata introdotta la necessità di creare un PIF (Product Information File) per ogni cosmetico immesso sul mercato. Un elemento fondamentale del PIF è il bilancio tossicologico che necessità di dati di NOAEL. Questi dati non sono sempre disponibili e questo mette in difficoltà il professionista che deve redigere i PIF. - Manca qualsiasi riferimento alla biodegradabilità, all’impatto sugli organismi acquatici ed in generale sul concetto ecologico di un cosmetico. Grazie ad una recente proposta di Legge (a firma dell’On Realacci ed elaborata in collaborazione con Skineco) potrà risolvere questa mancanza grave della Norma europea e potrà servire d’esempio e da stimolo per gli altri paesi della UE.

 

9. Altro che vuole aggiungere.…

 

Il mio cosmetico ideale è, per voler riassumere, realizzato secondo il “principio di precauzione” se una sostanza, per qualsiasi motivo, è sospetta, non la uso!

 

Fabrizio Zago

 

 

Licenza Creative Commons

Chi c’è dietro il logo EcoBioControl?

Scopri il logo

Il Vecchio BioDizionario sparisce ed al suo posto nasce EcoBioControl

EcoBioControl

Una nostra amica, Pucci Romano (Presidente di Skineco) assieme ad uno stuolo di dermatologi ed altri esperti del settore, hanno recentemente pubblicato un documento "Position Paper SOLARI" che illustr...
read more