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  • 01.12.1444

Conservanti eco-bio: è tempo di girare pagina

CONSERVANTI: occorre girare pagina

 

In ambito eco-bio i formulatori si sono sbizzarriti al fine di ottenere dei cosmetici il più vicini possibile ai tradizionali. In questo modo la scelta è di puro spirito etico e non dettata da altre considerazioni.

Per anni il consumatore etico ha anche pagato di più, alle volte senza alcuna giustificazione, dei prodotti eco-bio e anche ecofurbi.

 

Una cosa non è mai cambiata: il sistema conservante.

Sodio benzoato e potassio sorbato, hanno fatto e fanno la parte del leone. D’altra parte è semplice comprendere le ragioni del successo: “sono conservanti di grado alimentare, quindi se me li mangio non possono farmi male se me li spalmo sulla pelle.” Questo è il ragionamento sentito mille volte, ragionamento vero ma che il tempo ha dimostrato non essere del tutto vero.

 

Le cose vere che si possono dire su questo sistema conservante è che hanno una bassa tossicità. Siccome tutto è relativo possiamo dire che il Sodio benzoato ha un impatto ambientale di 416,7 il potassio sorbato di 31,1 che è basso rispetto ai quasi 11.000 del triclosan o i 185750 del 5-bromo-5-nitro-1,3-dioxane ma ancora elevato se paragonato allo 0,74 del Benzyl alcohol o lo 0,8 del Phenoxyethanol.

In tutti i casi l’industria cosmetica eco-bio ha preso questi due conservanti perché coprono bene tutta la gamma microbiologica: il sorbato è attivo particolarmente sui lieviti e funghi, mentre il benzoato su batteri.

Un grosso difetto è che entrambi lavorano bene a pH bassi, sotto il valore 5 ma non tutti i cosmetici possono essere portati a questo pH. Ad esempio per la zona perioculare è indispensabile un pH vicino al valore 7 (quello del liquido lacrimale).

Ma il limite maggiore è quello legato alle reazioni avverse, irritative e allergiche, che si registrano sempre più frequentemente.

Si può dire che la frequenza di tali manifestazioni è direttamente proporzionale al successo del mercato della cosmesi eco-bio.

Ci si chiederà come possa essere possibile che decennio di uso alimentare non abbiano dato origine a problemi documentati ed invece in ambito cosmetico si assista a questo fenomeno.

È presumibile che la dinamica sia la seguente: sorbato e benzoato raggiungono la via gastrica che è ad un pH disgregante per la loro struttura chimica e quindi vengono inattivati, distrutti, molto presto perdendo le caratteristiche irritative e sensibilizzanti. Tutto questo avviene nel giro di pochi minuti.

Per le applicazioni cosmetiche invece il tempo di azione è decisamente più lungo, anche di ore o di giorni e questo lungo tempo di azione ha molte più possibilità di irritare e sensibilizzare il soggetto.

 

Come dice questo articolo, è tempo di girare pagina e per farlo, ognuno di noi, ha bisogno di conoscere le alternative, i loro pro ed i loro contro:

 

Parabeni: i pochi rimasti (molti sono proibiti dalla Legge), sono attivi sia sui batteri che sulle muffe e coprono bene la parte centrale del pH cioè dal valore 4 al 9. Purtroppo i dubbi che circondano questa famiglia di prodotti sono molto elevati e consigliano di adottare il principio di precauzione evitando il loro impiego.

 

Isotiazolinoni: Efficacissime anche a dosi minime (0,0015%) funzionano a qualsiasi pH ed uccidono qualsiasi microrganismo. Sono però fortemente allergizzanti e il Regolamento EU li limita moltissimo. Sono incompatibili con la maggior parte degli standard eco-bio europei (salvo quelli vegan che li ammettono perché non sono di origine animale).

 

Cessori di formaldeide: 2-Bromo-2-Nitro 1,3 diol, Diazolinidyl urea, DMDM hydantoin, Glutaraldehyde, Imidazolinidyl urea e altri (alcuni usati da ecofurbi fino a qualche tempo fa sbandierandone la naturalità), è meglio se non vengono neppure presi in considerazione. La formaldeide è un cancerogeno di tipo A1 (AIRC) e quindi non dovrebbe essere presente in nessun prodotto cosmetico.

 

Phenoxyethanol: è stato oggetto di numerose critiche e provvedimenti in Francia ma gli studi europei hanno stabilito che le restrizioni dovevano essere tolte. Cosa che regolarmente è stata fatta. Ovviamente è rimasto il pregiudizio che però non ha molto senso essendo a bassissimo impatto ambientale, dal costo contenuto, attivo in un largo intervallo di pH. Il fenossietanolo è un buon conservante compatibile con i criteri eco-bio.

 

Conservanti naturali: come l’olio di semi di pompelmo e l’estratto di lonicera. Entrambi funzionano ma c’è un motivo molto semplice: nei semi di pompelmo è stato rinvenuto del benzetonio cloruro cioè un sale d’ammonio quaternario normalmente utilizzato come disinfettante, antibatterico. Che questa sostanza la spruzzi il contadino o che si produca autonomamente dal pompelmo come difesa naturale, poco importa. Se devo usare un sale d’ammonio quaternario me lo compero che costa centinaia di volte meno di quello contenuto nei semi di pompelmo.

Per la Lonicera Japonica invece è la presenza di due parabeni (Metil ed etil paraben) a giustificare l’azione conservante. Ma anche in questo caso essendo queste due sostanze identiche a quelle ottenute per sintesi, tanto vale comperare le sostanze di sintesi che sostano centinaia di volte meno costose del derivato vegetale.

 

Benzyl alcohol: Ottimo conservante a largo spettro ed efficace in un largo intervallo di pH da neutro in su. L’unico difetto che ha è che è compreso nella lista degli allergeni riconosciuti. Costo contenuto ed impatto ambientale quasi nullo.

 

Anisate e Levulinate: Entrambe sono molecole natural-identiche efficaci ed a basso impatto ambientale sono i nuovi conservanti dell’ecp-bio. Si vedono apparire sempre di più nei formulati di qualità e di essi non si conoscono, al momento, effetti negativi.

 

Acido lattico: Nei prodotti cosmetici aciduli o vicini alla neutralità, questa naturalissima sostanza è un ottimo conservante con un impatto ambientale inferiore a 6, molto economico ed efficace. Anche questa sostanza è sempre più utilizzata dai fabbricanti evoluti dell’eco-bio.

 

Ethylhexylglycerin, Sodium dehydroacetate: sono coadiuvanti importanti ma non conservano un prodotto da soli. Il deidroacetato è un ottimo antimuffa, ad esempio, come difetto ha di funzionare bene solo a pH vicino alla neutralità (5 – 6) e quindi non copre bene tutti i prodotti ma solo alcuni. Tende ad ingiallire i prodotti.

 

Alcohol (etanolo): niente da dire dal punto di vista ecologico, impatto ambientale inferiore a 1 ma per essere efficace se ne deve usare molto e questo può essere una importante controindicazione per cosmetici destinati a pelli sensibili e reattive.

 

Ecco, queste sono alcune osservazioni generali e solamente accennate, sui vari conservanti che il formulatore deve considerare ogni volta che si accinge a produrre una ricetta a base acquosa.

Ovvio che un documento come questo non può che essere destinato ad una manutenzione continua e quindi l’apporto di chiunque voglia scrivere un paragrafo di questa storia, è il benvenuto.

 

Fabrizio Zago

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